Non esiste in Italia una strategia per usare la città come palestra a cielo aperto (nonostante clima e spazi favorevoli). Manca la cultura e manca una connotazione chiara dell'utilizzo degli spazi pubblici. L'aspetto socio-economico non è una priorità; vi è invece una diversa percezione del bene pubblico e del bene privato. Ad oggi, l'attività sportiva in Italia risulta confinata principalmente alle strutture sportive attrezzate, pubbliche o private, ma comunque rappresentate da luoghi confinati e poco accessibili a molti. Per quanto concerne la dotazione di strutture, si assiste da sempre in Italia a un annoso dibattito se la scarsa propensione degli italiani allo sport dipenda dalla carenza di impianti dedicati; anche le istituzioni locali lamentano spesso che l'impossibilità a promuovere progetti e politiche per lo sport è da attribuirsi alla scarsa dotazione di impianti sportivi.

L'idea che l'attività fisica possa essere praticata all'aria aperta e negli spazi pubblici esistenti, utilizzati come se fossero degli 'impianti spontanei' in cui è possibile praticare attività fisica in modo informale e all'aria aperta, è in Italia atteggiamento meno diffuso che in altri paesi europei. I dati europei sul numero di praticanti che preferiscono fare attività in spazi aperti documentano come in molti Paesi questa sia una tendenza già ben definita.


Uno sguardo ai dati mostra, in modo assolutamente contro-intuitivo, come la pratica sportiva all'aperto decresca via via che ci si sposta verso i paesi del sud Europa, dove di fatto le condizioni climatiche più miti e favorevoli potrebbero essere un elemento incentivante. Osservando quanto avviene negli altri paesi europei, alcuni studiosi sottolineano come nelle città italiane prevalgano l'urbanistica della paura, le tattiche di contenimento, le operazioni di chiusura, mentre, ad esempio nelle città spagnole, la sfida avviene sul terreno dell'apertura e della permanenza dello spazio pubblico come essenza della città: uno spazio abitato, uno spazio di corpi.

Oltre a migliorare la salute dei cittadini europei, lo sport ha una dimensione educativa e svolge un ruolo sociale, culturale e ricreativo e può essere quindi un importante fattore di sviluppo per le società. Riportare lo sport negli spazi pubblici, aiutandolo a non chiudersi nei luoghi e negli impianti in cui si trova oggi confinato,  ipensandolo come una funzione rilevante della qualità e della vivibilità delle nostre città, può contribuire anche alla riappropriazione dello spazio pubblico da parte dei cittadini, favorendone al contempo la salute ed il benessere e ricostruendo un legame più stretto con i luoghi e con il territorio. Ciò presuppone il ripensamento e la ridefinizione del concetto di sport e dei luoghi ad esso deputati unitamente alla promozione dell'attività fisica e sportiva.

Numerosi casi ed esperienze europee di utilizzo di spazi pubblici per la pratica sportiva mostrano come sia possibile immaginare risposte innovative e sperimentali per integrare lo sport con il welfarelocale e gli spazi collettivi della città. Questo modo di guardare allo sport richiede, da parte del mondo dello sport, delle istituzioni, della ricerca, uno 'sguardo' allenato alla complessità, alla multidisciplinarietà e che vede nell'integrazione tra mondi e discipline diverse un'occasione di arricchimento reciproco e utile a favorire l'avanzamento della riflessione. Il progetto di architettura, nella sua dimensione urbana allargata, diventa strumento di mediazione fra soggetti diversi che determinano scelte e si confrontano circa gli assetti futuri di una città e di un territorio.

Lo spazio pubblico non è uno spazio residuale tra strada e edifici, né tantomeno uno spazio vuoto considerato pubblico solamente per ragioni giuridiche. Lo spazio pubblico è uno spazio fisico, simbolico e politico. È uno spazio per l'uso collettivo. Il parco, le piazze, campi sportivi sono spazi pubblici, ma nelle nostre città essi si connotano sempre meno come luoghi 'pubblici' frequentati dalla gente; luoghi in cui costruire relazioni con gli altri. Spesso questi spazi sono insicuri, degradati, poco frequentati o abbandonati. Sono luoghi del degrado sociale ed urbano. Si tratta pertanto di spazi pubblici potenziali, in attesa di risemantizzazione: aree ai margini delle strade, slarghi inutilizzati, aree residuali all'interno dell'edificato urbano, aree extraurbane dismesse, vecchi insediamenti industriali inutilizzati, e numerosi altri esempi di territori potrebbero trasformarsi in luoghi per l'aggregazione, per lo sport, per il tempo libero. Luoghi capaci di creare identità, appartenenza, affezione da parte di chi li frequenta. Solo in questo modo si potrà accrescere nella gente il rispetto per il bene pubblico e l'interesse per la pratica sportiva spontanea all'aperto, nei luoghi pubblici, frequentati da tutti. Perché il bisogno di praticare attività fisica all'aperto nel nostro Paese potrà registrare un significativo aumento solo quando la piazza, il parco, il campetto per giocare, il percorso per correre, entreranno finalmente a far parte di una ritualità urbana condivisa dalla comunità.




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